lunedì 18 marzo 2013

Tre domande a Gian Paolo Guerini

Ogni tentativo di esprimere ciò che i codici e i linguaggi elaborati dall'uomo non possono rappresentare finisce per risolversi nella scoperta della necessità del silenzio. La volontà di "trattenere l'indicibile" è la scelta che ha dato sostanza all'operare artistico di ingegni multiformi come quello di John Cage, di Bob Kaufman o di Giuseppe Chiari. L'interazione e la comunicazione artistica sono dunque possibili? E se lo sono, trovano senso nel nascondersi o nel rivelarsi?
Credo che il realizzarsi dell'opera comporti sempre una vanificazione dell'idea originale. Una discrepanza tra il pensato e il realizzato. Che il tentativo sia: "Agire e non sapere - l'annientarsi nel manifestarsi - infondatezza e vanificazione"? Oppure: "Bisogna stare sempre molto vicini a non fare niente, ma farlo"? C'è sempre una zona che si dilata e si contrae, tra l'inizio e la fine: a volte questa zona sembra un oceano affrontato con una barchetta, altre volte sembra assottigliarsi da sembrare impercettibile. Forse, fare è semplicemente la sua smentita. Proviamo a pensare all'orizzonte, che unisce mentre divide.

Non è possibile osservare ciò che non è dato vedere, se non ad occhi chiusi. Ci sono cose che non è possibile sapere, se non eliminando la consapevolezza. C'è arte capace di farsi da sola, utilizzando l'artista come tramite inconsapevole, ma c'è anche arte che deve essere creata, attraverso la mediazione razionale dell'individuo. La perfezione risiede nell'equilibrio tra materialismo e misticismo?
C'è sempre il rischio di avvicinarsi a un'opera privi di ignoranza. Nell'ansia di volerla comprendere, senza avvicinarsi ad essa nell'abbandono. Léon Bloy in Esegesi dei luoghi comuni: "Fate leggere al vostro medico, al vostro dentista, al vostro impresario di pompe funebri, al vostro impagliatore, al vostro notaio [...] una vivida e naturale strofa di Paul Verlaine. Che cosa vi risponderanno? 'Non capisco; eppure non sono più stupido degli altri'. L'universale superiorità dell'uomo il quale non è più stupido degli altri! Non conosco niente di più schiacciante". Credo che la perfezione non risieda da nessuna parte: ogni opera deve trascinarsi appresso un angolo buio, che le dia la possibilità di rivelarsi. Svelarsi e ri-velarsi. Chissà... Forse potrebbe bastare una inconsapevolezza generale.

Ha raccolto con grande cura tutto il suo lavoro, sterminato e estremamente vario, in archivi che ha reso poi disponibili in rete. Dal suo sito web è possibile scaricare gratuitamente in formato PDF gran parte delle sue pubblicazioni, ma anche materiale audio e video che documenta in maniera puntuale la sua complessa ricerca. Le sue scelte la qualificano come artista per necessità e non per professione o per convenienza. Cosa ha determinato la distanza da un sistema condizionato dal mercato? Ha mai commercializzato la sua poesia e la sua arte?
Il fatto di non essere entrato completamente in un mercato credo dipenda dal fatto di non aver mai mantenuto una "coerenza di facciata", un io di rappresentanza che duplichi sempre se stesso. L'uso di materiali diversi non vuole certo trarre in inganno il fruitore, eppure... C'è un filo rosso che segue tutte le mie opere, che io, riguardandole, vedo a volte permeate da uno sfoggio di banalità, per cui non mi capacito perché risultino oscure. Non mi sono mai opposto perché se ne possano andare altrove; quando se ne sono andate, ho avuto l'impressione che il cerchio si chiudesse; la felicità di riportarle all'idea originale.


Gian Paolo Guerini è nato toro verso la metà del XX secolo in una piccola città equidistante da Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Pavia. Ha studiato dai Gesuiti coltivando una avversione totale verso il dogmatismo, prediligendo incondizionatamente la "via negativa". Ha diretto una ridicola rivista saltuaria ed effimera di materia poetica TeatroDelSilenzio. Ha proposto il suo ascoltabile in varie letture pubbliche, ha esposto il suo visibile in diverse gallerie, ha suonato o fatto suonare la sua musica: a volte chiedendo, altre perché portatovi dalle circostanze, ma sempre un po' perplesso e sospettoso. Non ha voluto laurearsi in teologia. È docente di letteratura trascendentale presso l'Università dell'Oblio nella terra desolata, dove tiene regolarmente corsi per liberare la scrittura dalla cultura. I suoi testi sono stati tradotti in inglese da Luigi Schenoni (traduttore italiano di Finnegans Wake), Paul Vangelisti e Luther Blissett. Dopo Crema, Brescia, Bergamo, Berlino, Parigi, Livorno, New York, Bologna, Fort Kochi, vive tra Torino, Roma, Ljubljana. Ha selezionato i testi per la rivista di fotografia Private (dal numero 32 al 40). Ha due figli che vivono con la loro mamma. È felicissimo con la sua donna e un nuovo figlio, in una piccola casa con un terrazzo pieno di fiori bianchi e attende paziente che le cose che devono accadere accadano.

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