sabato 15 marzo 2014

I no delle soprintendenze e i buchi nel Vasari

Il 9 marzo scorso è apparso su La Repubblica un articolo di Giovanni Valentini dall'esplicito titolo: "Tutti i no delle soprintendenze che ostacolano i tesori d'Italia". Con tutto il rispetto e l'affetto per il bravissimo giornalista, che però non può certo vantare particolari competenze, titoli ed esperienze nel settore della gestione e della tutela del patrimonio culturale, viene da sorridere amaramente quando si individua nella "maledizione dei coccetti" una delle principali cause del degrado urbanistico e sociale della Capitale, oppure quando si accusano le soprintendenze di "incatenare il Belpaese" o di "bloccare il recupero del patrimonio artistico". Uno scivolone può capitare a tutti e, per una volta, l'acuto editorialista del giornale di Ezio Mauro è inciampato in un mal congegnato miscuglio di demagogia e superficialità, che mostra in trasparenza, sullo sfondo, tutto il repertorio delle insofferenze e delle bramosie che il ventennio berlusconiano ha insinuato nell'animo degli italiani. Così, tra le righe, compaiono tematiche tristemente note e affermazioni che, a dire il vero, potrebbero essere tranquillamente sottoscritte da un Nannipieri. Quello che più disturba è percepire un atteggiamento di sufficienza di fronte alla cultura delle regole (almeno in campo culturale), quando questa va a scontrarsi con un'esigenza di "modernizzazione" dai contorni non ben definiti. Ma è ben poco elegante anche il profluvio di dati sugli stipendi di dirigenti e funzionari del Ministero dei Beni Culturali, che parrebbe voler estendere persino a questo settore l'ormai unanime riprovazione per gli eccessivi costi della politica, ma non fa i conti con una realtà che è descritta con tutt'altra consapevolezza nella replica all'articolo di Valentini pubblicata su patrimoniosos.it e sottoscritta da un cospicuo numero di funzionari ed ex-funzionari del Mibact: "In un paese come il nostro, il Ministero dei Beni Culturali è da sempre considerato il fanalino di coda, [...] la percentuale del Pil nazionale investita in tutela e valorizzazione del patrimonio artistico è risibile rispetto a quella di altri paesi europei che non possono neppure lontanamente paragonarsi alla ricchezza del nostro, [...] gli organici del personale tecnico-scientifico del Mibact sono nettamente sottodimensionati rispetto alle esigenze di un patrimonio immenso e [...] l'età media dei funzionari è al di sopra dei cinquant'anni. Se dunque le soprintendenze non funzionano forse è perché non le si vuole far funzionare. E gli economisti, a cui è oggi tanto di moda appellarsi, ci insegnano che un'impresa va incentivata prima di tutto attraverso gli investimenti, sia di capitale finanziario sia umano".
Ciò che invece si rintraccia con difficoltà nell'articolo di Valentini è una coerente e concreta argomentazione a sostegno della sua tesi. Si cita l'esempio della decisione di Matteo Renzi, da sindaco di Firenze, di affittare Ponte Vecchio alla Ferrari, sostenendo che sia stata contestata dalla Soprintendenza. Eppure in quell'occasione la soprintendente ai beni ambientali ed architettonici Alessandra Marino ha firmato, forse anche con una certa leggerezza, l'ordinanza del Sindaco, esprimendo tra l'altro il suo parere favorevole. Scrive ancora Valentini che Renzi "avrebbe voluto far eseguire alcuni sondaggi tecnici" su un affresco di Vasari alla ricerca di un Leonardo perduto. In realtà l'attuale Presidente del Consiglio non "avrebbe" ma "ha" fatto eseguire una mezza dozzina di "sondaggi tecnici" (che, esplicitando l'eufemismo, non sono altro che buchi) sull'affresco di Palazzo Vecchio, con tanto di autorizzazione del soprintendente Cristina Acidini. A prescindere dai risultati delle operazioni, che non si vogliono qui giudicare, non sembra che gli esempi concreti portati da Valentini siano particolarmente efficaci nel dimostrare quanto i custodi dei beni culturali rappresentino un freno allo sviluppo. Pur senza cadere nell'eccesso opposto di chi denuncia un'abitudine diffusa alla "prostituzione culturale" nel nostro Paese (come è noto la verità, se sta da qualche parte, sta nel mezzo), dovrebbero essere altre le modalità per esprimere sostegno al nuovo Governo e coltivare speranze riguardo al suo operato. Mentre sembra paradossale che chi conserva un'idea diversa di come dovrebbe configurarsi l'azione politica della sinistra italiana meriti l'appellativo di "reazionario", che Massimo Mattioli in un suo pezzo per Artribune ha affibbiato a Giulia Maria Crespi, a Salvatore Settis e a coloro i quali hanno pubblicamente espresso il proprio dissenso nei confronti del programma di drastica revisione delle strutture centrali e periferiche per la gestione dei beni culturali prospettato dai renziani più convinti.
La semplificazione non è sempre la soluzione migliore per ogni problema: non lo è di certo in merito a questioni complesse come la valorizzazione e la tutela del patrimonio artistico.

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