lunedì 15 settembre 2014

Tre domande a Giacinto Di Pietrantonio

Quando si ha la possibilità di domandare, e a rispondere è una persona autorevole, la tentazione più grande è quella di cercare la verità. Tuttavia, ammettendo anche che chi chiede riesca a formulare correttamente i quesiti, è più facile credere a una bugia colossale che rincorrere quel fuggevole frammento di verità nascosto in ogni saggio discorso, evidente per un attimo soltanto e destinato poi a confondersi tra i dubbi prodotti dal tempo. Provi a raccontare la più grande bugia che ha mai ascoltato parlando d'arte e a suggerire la più illuminante intuizione di verità conquistata durante la sua carriera. Mescoli le carte, però: non dia indicazioni riguardo a ciò che considera giusto o sbagliato. Può darsi che per qualcuno possa valere il contrario!
Picasso diceva che l'arte è la menzogna che ci permette di conoscere la verità e Nietzsche che non esistono fatti ma solo opinioni. D'altra parte, Duchamp, dicendo che un qualsiasi oggetto è o può essere un'opera d'arte, non si comporta molto diversamente e noi decidendo di entrare in questo territorio accettiamo queste regole del gioco, un gioco in cui verità e menzogna sono continuamente mescolate. L'ho già raccontato tante volte: era il 1980, studiavo per diventare uno storico dell'arte antica, per cui ho una formazione classica, ma un giorno il mio compagno di università Luigi Mastrangelo con cui a Bologna condividevo, insieme ad altri amici, l'appartamento, tornò a casa e disse che stava preparando una mostra insieme a Rinaldo Novali e Leonardo Santoli. Mi chiese se avevo voglia di scrivere qualcosa per un piccolo depliant. In tutta incoscienza accettai, ma non mi limitai a scrivere, incuriosito, andai ad aiutarli ad allestire la mostra. La cosa mi piacque così tanto che dissi: "Ma perché non ne facciamo un'altra?". Da lì a sette/otto mesi, 1981, allestii una mostra con loro tre più Thomas Rehbein, oggi gallerista, e Rosemarie Trockel, oggi star artista, che ero andato a scovare in autostop a Colonia. E da lì ancora un'altra, ancora un'altra...

Quali sono le tre cose che ha contemplato più a lungo nella sua vita? Di queste, quante erano opere d'arte?
A questa non so proprio rispondere. Non riesco a fare una graduatoria delle cose e delle persone. Questo è forse il mio limite contemporaneo.

C'era una volta, nell'Italia di adesso, un giovane artista talentuoso, ma non di successo... Come potrebbe continuare questa fiaba? Quali creature popolano l'artworld di questo Paese "incantato" (nel senso che è fermo, bloccato, ma pur sempre magico)? Fate o streghe? Orchi o folletti custodi di tesori?
Pur con tutti i problemi che ha il nostro Paese, uno dei maggiori per i giovani artisti è che pensano di essere dei geni incompresi e che il famoso e imponderabile sistema dell'arte ce l'abbia con loro. La questione è che l'Italia è invece una nazione in cui ci sono molte più opportunità di quanto si creda, ma non è sufficiente. Il mondo dell'arte si è molto ampliato e non basta affermarsi nel proprio Paese. I riconoscimenti veri oggi si danno altrove e quindi bisogna muoversi e questo significa anche essere disposti a cambiare lavoro, stile, a trovare il modo giusto per dirlo, invece di credersi dei van Gogh, che tra l'altro era olandese.


Giacinto Di Pietrantonio, nato a Lettomanoppello (PE) nel 1954, è direttore della GAMeC (Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo) e docente presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. È stato tra i fondatori, nel 2003, dell'AMACI (Associazione Musei d'Arte Contemporanea Italiani). Ha ricoperto il ruolo di vicedirettore per Flash Art Italia e collabora con numerose riviste tra cui Artribune e Domus. Ha curato mostre personali di Jan Fabre, come eventi collaterali della Biennale di Venezia, nelle edizioni del 2007, del 2009 e del 2011. Tre le molte e importanti mostre personali e collettive, si ricordano Over the Edges con Jan Hoet a Gent (Belgio) e Alighiero Boetti. Quasi tutto, alla GAMeC e alla Fondazione PROA di Buenos Aires. Ha redatto e curato monografie di Enzo Cucchi, Jan Fabre, Ettore Spalletti. È stato consulente artistico di MiArt per le edizioni 2008, 2009, 2010. È consulente del Premio Furla, membro del Comitato Scientifico del Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e del CIAC (Centro Italiano Arte Contemporanea) di Foligno.

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